Si ringrazia il centro studi Isotek di Torino, per la preziosa collaborazione ed il supporto tecnico; e gli arcieri agonisti della società sportiva ARC.A. (Arcieri Alpignano – Upang)
Il Core Training è un genere di allenamento pensato per preparare il corpo a svolgere più efficacemente le diverse attività motorie grazie ad esercizi che integrano lo sviluppo della capacità di forza, la resistenza muscolare e la capacità di risposta del corpo agli stimoli esterni utilizzando attrezzi che sollecitano l’equilibrio e le capacità coordinative. In poche parole, si serve di esercizi che rendono i muscoli più “intelligenti” e il corpo più agile grazie alla simultanea risposta dei muscoli e del sistema nervoso e sensoriale.
IL MOVIMENTO
Il movimento umano è un tipo particolare di moto. Il moto è il cambiamento di posizione nello spazio di un corpo rispetto a un altro o ad un intero sistema considerato fisso.
Se poi il corpo o il sistema si muove a sua volta, cioè cambia posizione rispetto a un altro corpo o sistema veramente fisico, si avranno:
1) Moto relativo
2) Moto assoluto
Ad esempio un viaggiatore che cammini dentro una corriera in corsa, cambia posizione rispetto all’intero sistema caratterizzato dalla corriera, la quale a sua volta cambia posizione rispetto alla terra considerata fissa.
Si avrà così che il viaggiatore sarà animato da moto relativo mentre la corriera da moto assoluto, rispetto alla terra.
Il moto o movimento è principalmente di due tipi:
1) Traslatorio: quando tutte le particelle che compongono il corpo in moto si spostano alla stessa velocità nella stessa direzione e possono dar luogo a un movimento rettilineo
2) Rotatorio: quando qualche particella del corpo in moto fa da fulcro o centro, mentre tutte le altre particelle si muovono descrivendo archi attorno a questo centro nel medesimo piano.
I movimenti risultano spesso combinati; esempio una serie di capriole o di salti con capovolta producono una traslazione del corpo umano dovuta a una sequenza di movimenti rotatori.
Nel corpo umano il movimento predominante è quello rotatorio in quanto i vari segmenti corporei si spostano facendo perno sulle articolazioni che agiscono da fulcri.
L’insieme poi di questi movimenti rotatori diviene spesso (esempio tipico la deambulazione) un movimento traslatorio di tutto il corpo che avanza.
LEGGE DELL’INERZIA E MISURA DEL LAVORO
Ogni corpo conserva il suo stato di quiete o di moto rettilineo se non intervengono una o più forze a modificarlo. L’opposizione del corpo a queste forze si chiama inerzia.
L’inerzia è direttamente proporzionale alla massa del corpo.
Un dato movimento ha luogo quando una o più forze riescono a vincere o a modificare lo stato d’inerzia di un corpo.
Questa o più forze nel vincere l’inerzia producono uno spostamento del corpo, compiono cioè un lavoro.
Una forza può vincere l’inerzia di una data massa, compiere cioè un lavoro, spostando ad esempio questa massa di un metro o sollevandone una porzione, parte es. il braccio; una forza doppia lo sposterà di due metri e per spostare una massa doppia occorrerà una forza doppia.
Si ha così la misura del lavoro.
La forza produce lavoro ma non in misura integralmente utile.
Ogni corpo per spostarsi deve vincere vari attriti; avremo così il rendimento dato dal rapporto tra lavoro utile ed energia consumata.
Pagati gli attriti, la forza che compie il lavoro viene definita forza efficiente.
Il lavoro utile quindi è dato dalla forza efficiente per lo spostamento di una data massa.
Le forze possono agire in diversi modi: nella stessa direzione; in direzione diversa; possono agire parallelamente con ugual senso o con senso contrario.
Qualora il movimento fosse impedito, la forza risultante si scaricherebbe sulla sostanza che lo impedisce generando uno stato di tensione.
PROPRIETÀ CONTRATTILE DEI MUSCOLI
La tensione si tramuta nei muscoli in contrazioni. Si generano così vari tipi di tensioni/contrazioni:
1. Contrazione isometrica
2. Contrazione concentrica
3. Contrazione eccentrica
4. Tetano muscolarat: poiché il momento di refrattarietà assoluta è soltanto all’inizio della contrazione e si esaurisce in genere entro 5 msec, seguito da un più lungo periodo di refrattarietà relativa, gli impulsi che arrivano dopo un certo tempo e prima che sia terminata l’intera fase si fondono convenientemente in un’unica e duratura contrazione che viene chiamata tetano muscolare; il singolo impulso/stimolo si chiama clono.
I MUSCOLI
I muscoli possono essere:
1) Agonisti: muscoli che concorrono ad una data azione
2) Antagonisti: muscoli che hanno azione contraria a quella svolta dagli agonisti
3) Fissatori: muscoli che fissano una o più leve ossee, in modo che la contrazione di uno o diversi muscoli renda possibile un determinato movimento
4) Neutralizzatori o guidatori: muscoli che per un dato scopo neutralizzano l’azione di altri muscoli e si contraggono creando una specie di guida al movimento voluto
5) Sinergici: muscoli che si contraggono nella stessa unità di tempo.
In base all’origine e all’inserzione sono classificati come:
isang) Mono articolari: esempio il muscolo deltoide
b) Bi articolari: esempio il retto femorale
c) Pluri articolari: esempio alcuni muscoli erettori del rachide o i prevertebrali che invece flettono.
TERMINOLOGIA DEL MOVIMENTO
1) Flessione: movimento per cui un segmento tende a formare con un altro un angolo sempre più acuto
2) Estensione: movimento per cui un segmento tende a disporsi sullo stesso piano dell’altro
3) Abduzione: allontanamento dal piano mediale del corpo
4) Adduzione: avvicinamento al piano mediale del corpo
5) Rotazione: movimento compiuto da un segmento intorno al proprio asse
6) Torsione: movimento rotativo con base fissa (torcere)
7) Pronazione: movimento che porta a volgere verso il basso
8) Supinazione: movimento che porta a volgere verso l’alto
9) Circonduzione: movimento per cui un segmento descrive un cono ad apice corrispondente al capo articolare
Le flessioni spesso sono passive, determinate cioè dalla spinta gravitaria dei segmenti corporei in causa. Infatti se venisse a mancare l’azione tono-statica dei muscoli antigravitari i segmenti corporei tenderebbero a flettersi verso terra.
Nelle flessioni passive ovviamente non agiscono i muscoli flessori, ma semmai gli antagonisti estensori quando svolgono adeguata azione frenante al fine di realizzare la “fluidità” del movimento.
STAZIONE ERETTA DEL CORPO
La gravità è la forza che tiene vincolata tutta la materia esistente nel pianeta facendola tendere, con una spinta direttamente proporzionale alla massa, al centro della terra (proprietà attrattiva di una massa superiore).
La gravità perciò si identifica col peso ed agisce sui corpi dall’alto in basso.
Il primo contrasto alla gravità è la stabilità dei corpi. Si tratta di contrasto passivo, poiché quello attivo è dato dalla forza che agisce in senso opposto alla gravità, cioè dal basso verso l’alto.
Nella stazione eretta del corpo umano l’opposizione passiva alla gravità è determinata dalla sovrapposizione degli elementi scheletrici. La contrazione tono-statica dei muscoli antigravitari ne costituisce l’opposizione attiva.
Gli esseri umani sviluppano le forze e queste agiscono in via riflessa, come impulsi che provenendo da terra, nei punti di contatto, permettono di muoverci e assumere “atteggiamenti” specifici.
Nella stazione eretta i piedi costituiscono la base d’appoggio e, se costruiamo una figura geometrica che ne circoscriva il contorno, otteniamo il così detto “poligono d’appoggio”.
Per la legge statica dell’equilibrio dei corpi avremo la stazione eretta normale quando la linea di gravità passa per il baricentro. Una stazione eretta si può sempre avere purchè la linea di gravità cada dentro il poligono d’appoggio.
Il peso del corpo deve essere equamente disribuito tra avampiede e tallone e, data l’azione della volta plantare, graverà maggiormente sul margine lateale del piede.
Il bacino si trova ben bilanciato sulle articolazioni coxo-femorali e, nella normale stazione eretta, la spina illiaca antero-superiore vista di lato si trova nella stessa verticale della sinfisi pubica.
Il bacino è leggermente inclinato in avanti e la linea di gravità passa anteriormente all’articolazione dell’anca.
Se l’inclinazione fosse maggiore, si accentuerebbe la curva del rachide lombare (in lordosi) con conseguente protrusione del ventre e ipertrofizzazione dei glutei.
La parete addominale deve resistere alla pressione dei visceri (massa visco elastica) che deve essere contenuta dai muscoli.
Gli erettori del rachide mantengono in giusta linea il capo e agiscono poi su tutto il tronco neutralizzando la spinta gravitaria, maggiorata anche dalla sporgenza del torace e dal peso dei visceri.
I piedi sono lievemente abdotti data l’azione tono-statica degli estensori dell’anca, che sono in genere anche extrarotatori e, di riflesso, abducono i piedi, aumentando così l’area del poligono d’appoggio.
CONTRAZIONE MUSCOLARE
I muscoli come i nervi sono organi elettricamente, chimicamente e meccanicamente eccitabili.
Essi rispondono a questa eccitazione con un potenziale d’azione, provocando la contrazione che si traduce nei muscoli in un accorciamento delle fibre che avviene in due fasi continue e quasi simultanee: eccitamento e contrazione.
Il tempo in cui avviene la contrazione varia da muscolo a muscolo.
La contrazione vera e propria avviene fra i filamenti di actina e miosina, più precisamente nei ponti miosinici.
Il carburante utile a tutto ciò (fonte energetica) è ottenuto con l’alimentazione che fornisce : lipidi, protidi, glucidi. All’interno del nostro tubo digerente queste sostanze vengono ridotte in sostanze più semplici: i lipidi in acidi grassi e glicerolo, i protidi in amminoacidi e i glucidi in zuccheri.
Queste sostanze possono essere ovunque distribuite dal sangue. Esse servono per costruire e riparare l’organismo, ma soprattutto come combustibile per il nostro motore, il muscolo.
Tutto questo al fine di generare forza dunque vita, o vita dunque forza.
RIFLESSIONE INTRODUTTIVA
Questa brevissima, superficiale e semplicistica spiegazione ritengo possa essere un’introduzione utile a comprendere meglio il seguito.
Rileggendola mi rendo conto di come il più delle volte diamo per scontato (o nemmeno ci pensiamo) ang “come siamo fatti”, la complessità che quotidianamente ci permette sostanzialmente di vivere e di poter fare le cose più semplici come le più complesse che sfiorano l’impossibile, come avviene ad esempio negli Sport Estremi.
Centralità al possibile compimento o meglio al coordinato e “funzionale” movimento del corpo e delle sue parti (masse distali) è quella area anatomica conosciuta come “CORE”, anch’essa talvolta data per scontata, poco capita e spesso poco e male allenata.
Presuntuosa l’idea di farlo (qui) risulta la volontà di scrivere cos’è e come funziona il core?
IL “CORE”: OVVERO L’ARGOMENTO
Il termine Core, letteralmente “nucleo”, si può trovare inizialmente nel libro “ Total Body Training” scritto nel 1982 da Dominguez e Gaja, per descrivere la zona centrale al corpo corrispondente all’addome profondo che rappresenta la parte meccanicamente più stabile nei vari movimenti.
Secondo questi autori la funzione del core è di stabilizzare il corpo umano sia durante azioni statiche, come ad esempio il mantenimento della postura eretta, sia durante azioni dinamiche, come ad esempio correre, lanciare, sollevare un peso ecc.
Altri autori parlavano di “pressione intra-addominale”, “stabilità della colonna”, “attivazione posturale controllata” at iba pa. già diversi anni prima.
Da questo inizio si è passati poi, grazie alla ricerca e all’applicazione, al termine pratico di “Core” e successivamente del suo allenamento chiamato “Core-Training”.
A COSA SERVE IL CORE?
In letteratura si trovano molte spiegazioni a riguardo che concordano su questi 3 punti:
1) Ha funzione stabilizzatrice
2) Fornisce ai segmenti distali la loro specifica funzionalità
3) Fornisce la capacità di controllare la posizione e il movimento del tronco sul bacino.
Il core permette:
Ang isang) Produzione
B) Trasferimento
C) Controllo di forze e movimento di parti distali del corpo
Il Core essendo centrale alla *catena cinetica, permette con il suo rinforzo, equilibrio e mobilità l’efficienza delle funzioni in sequenza degli arti superiori e inferiori. Il Core funziona come base funzionale per il movimento dei segmenti distali. L’allenamento del Core influisce positivamente sul movimento migliorando l’efficienza e riducendo il rischio di infortuni.
I muscoli di un atleta sono attivati attraverso complessi schemi di movimento, nel quale un efficiente meccanismo di controllo della postura assume un ruolo fondamentale per evitare infortuni e traumi da sforzo eccessivo e ripetuto.
Risulta opportuno, pagkatapos, rinforzare quel complesso muscolare che assorbe le sollecitazioni esterne.
Alcuni allenatori e atleti ritengono che il core training sia fondamentale per ottenere prestazioni di alto livello.
*Catena cinetica: il nostro corpo è composto da diverse catene cinetiche; i segmenti sono rappresentati dalle ossa mentre le articolazioni rappresentano i giunti (snodi) e i muscoli sono il “motore” della catena cinetica stessa.
In letteratura il concetto di Core è spesso utilizzato come sinonimo di Core stability e Core strength, due principi che però sono fondamentalmente diversi tra loro.
In ambito sportivo il concetto di Core stability si può riassumere come l’abilità di controllare la posizione e il movimento del tronco sopra il bacino per permettere un’ottimale produzione, trasferimento e controllo di forze ai segmenti distali durante le attività atletico sportive (Kibler et al. 2006).
La Core strength, sa halip, è definita come la forza contrattile richiesta ai muscoli della colonna vertebrale per mantenere la stabilità funzionale e aumentare la pressione intra-addominale (Farles, Greenwood 2006; Akuthota, Nadier 2004).
ANATOMIA DEL CORE
Dal punto di vista anatomico-funzionale fino ad ora sono sempre state prese in esame le formazioni anatomiche muscolari peri-addominali (muscoli del Core) e alla complessa integrazione dei sistemi che lavorano insieme per conferirgli stabilità, in modo differente a seconda del contesto di riferimento: riabilitazione o prestazione (Stephenson et al. 2004).
È stato descritto come un “box cilindrico” composto dai muscoli addominali anteriormente (con maggior importanza rivolta al trasverso dell’addome), glutei e paraspinali posteriormente, diaframma nella parte superiore, pavimento pelvico e articolazione dell’anca come base inferiore (Richardson et al. 1999).
Altri ricercatori, interessati maggiormente alla performance sportiva, includono nella definizione tutta l’anatomia compresa tra lo sterno e le ginocchia con particolare attenzione alle regioni addominale e lombare ed al bacino.
Altri ancora sostengono che la muscolatura del core debba includere tutti i muscoli della spalla e delle pelvi in quanto risulterebbero fondamentali per il trasferimento dell’energia dal busto alle estremità distali (Stephenson et al 2004; Gracovetsky et al. 1981; Tse et al. 2005).
Panjabi in realtà già molti anni prima affermava che per comprendere a pieno la funzione del Core bisogna considerare tre diversi sottoinsiemi che lo compongono:
1) Sistema passivo osteoarticolare-legamentoso
2) Sistema attivo mio-fasciale
3) Sistema di controllo neurale
Il sistema passivo osteoarticolare-legamentoso è costituito dalle vertebre, dai dischi intervertebrali, dalle faccette articolari, dai legamenti spinali e capsule articolari.
Il sistema attivo mio-fasciale è costituito da tutte le strutture muscolo-tendinee.
I vari muscoli possono essere suddivisi in tre categorie:
isang) Stabilizzatori locali (profondi)
b) Stabilizzatori globali (intermedi)
c) Mobilizzatori globali (superficiali)
Per creare stabilità statica o dinamica ed efficienti movimenti del rachide su diversi piani, la muscolatura locale e globale deve necessariamente lavorare in sinergia e sarebbe un errore credere di poter isolare completamente una o l’altra componente (Faries, Greenwood 2007; Lederman 2010).
Il sistema di controllo neurale regola il reclutamento della muscolatura del Core tramite meccanismi di “feedforward (anticipatori) e di feedback” rispondendo alle richieste di stabilità del corpo che cambiano istantaneamente in base agli aggiustamenti posturali o ai carichi esterni cui è sottoposto.
Questi sottosistemi lavorano insieme per stabilizzare globalmente la colonna vertebrale e un deficit a livello di uno di questi può causare, oltre a limitazioni funzionali, stress compensatori eccessivi anche a livello degli arti (e non solo).
Soltanto un’azione integrata e sinergica dei tre sottoinsiemi garantirebbe quindi una funzionalità ottimale del core.
Il professore Stuart McGill (esperto di biomeccanica della colonna vertebrale all’Università di Waterloo) dice del Core:” il Core è composto dalla colonna lombare, dai muscoli della parete addominale, dagli estensori della schiena e dal quadrato dei lombi”.
Sono compresi anche i muscoli multi articolari, in particolare il gran dorsale e lo psoas che passano attraverso il core, collegandolo al bacino, alle gambe, alle spalle e alle braccia.
La muscolatura del Core funziona in modo diverso da quella degli arti, per il fatto che i muscoli del Core spesso si co-contraggono stabilizzando così il busto in modo che tutti i muscoli diventano sinergici.
Allenare in modo efficacie il Core significa allenarlo in un modo diverso da come si allenano i muscoli degli arti.
Ad esempio, alcuni ritengono che le flessioni ripetute della colonna vertebrale siano un buon metodo per allenare i muscoli flessori del tronco (muscolo retto addominale e l’area addominale nella sua totalità).
Il fatto interessante è che questi muscoli sono utilizzati di rado solo in questo modo, ma sono per lo più usati per controllare e stabilizzare l’addome quando si compiono veloci movimenti periferici.
Pertanto, essi agiscono soprattutto come stabilizzatori piuttosto che come flessori.
I MUSCOLI DEL CORE
(Gibbons, Comerford – 2001)
– Stabilizzatori locali: Trasverso addominale – Multifido, interspinali – Psoas – Diaframma – muscoli Pavimento Pelvico
– Stabilizzatori globali: Obliquo esterno – Obliquo interno – Gluteo medio – Quadrato dei lombi (fasci profondi)
– Mobilizzatori globali: Retto addominale – Ileo costale – Piriforme – Quadrato dei lombi (fascio ileo-costale) – Muscoli bi-articolari dell’anca
(Modificato da Farles, Greenwood, 2007)
– Muscoli locali (stabilizzatori): Trasverso dell’addome – Obliqui interni – Obliquo esterno (fibre mediali) – Quadrato dei lombi – Diaframma – Pavimento Pelvico – muscolo Ileo Costale dei lombi e tratto lombare del muscolo Lunghissimo del Dorso
– Muscoli globali (mobilizzatori): Retto dell’addome – Obliquo esterno (fibre laterali) – Grande Psoas – Sacro spinale – tratto toracico del muscolo Ileo costale
L’attivazione in catena cinetica è basata su schemi pre-programmati di attivazione muscolare, ad esempio l’azione rapida del braccio inizia dal gastrocnemio controlaterale (Zattara), procede quindi attraverso il tronco fino al braccio.
Catena cinetica/successione attivazione muscolare
1. muscolo soleo
2. muscolo tensore fascia lata
3. muscolo retto femorale
4. muscolo semitendinoso
5. muscolo grande gluteo
6. tensore erettore spinale
L’attività distale mano-piede può essere maggiormente diretta verso precisione e controllo quando l’attivazione del Core è intensa o massimale così da divenire stabilizzante.
L’attivazione pre-programmata consiste in aggiustamenti posturali anticipatori, che posizionano il corpo in modo da contrastare le perturbazioni all’equilibrio derivanti dai movimenti compiuti. Si crea un cilindro rigido con ampio momento di inerzia che si oppone alle perturbazioni dinamiche.
CORE TRAINING – INTRODUZIONE ALL’ALLENAMENTO DEL CORE
I mezzi (esercizi) e gli strumenti (attrezzi) a disposizione per il Core training sono molti, con ampia scelta tra numerose proposte operative.
Si devono prima classificare per categoria gli esercizi a seconda dei movimenti svolti (Gambetta 2011):
1) Stabilizzazione: esercizi statici con elementi di “stabilizzazione”
2) Flessione ed estensione: esercizi sul piano sagittale e frontale
3) Rotazioni: esercizi sull’intera asse longitudinale o sul piano trasversale che enfatizzano i movimenti di torsione
4) Lanci e prese: esercizi dinamici che fanno lavorare il core su tutti e tre i piani dello spazio
Non esiste un singolo esercizio in grado di attivare e allenare tutti i muscoli del Core, ma solo una loro combinazione è realmente efficacie per determinare degli adattamenti (Cholewicki et al. 2002).
La scelta degli esercizi è importante poiché il grado di attivazione muscolare e il reclutamento delle unità motorie determinano se l’allenamento è orientato alla stabilità o alla forza del Core.
Si ricorda che gli stimoli creano prima degli adattamenti di tipo neurale e in seguito degli adattamenti di tipo fisico-muscolare (Bosco); questa considerazione risulta utile per stabilire volume, intensità e densità delle esercitazioni (coordinazione – efficienza motoria – abilità motoria – abitudine motoria) .
Vezina e Hubley – Kozey, 2000, suggeriscono che una attivazione superiore al 60% della massima contrazione volontaria è necessaria per allenare il Core strength mentre carichi inferiori al 25% della massima contrazione volontaria devono essere utilizzati per la Core stability.
I mezzi e gli strumenti a disposizione per l’allenamento, più comunemente usati sono:
isang) Carico naturale
b) Palle mediche
c) Superfici instabili
d) Palle zavorrate (kettlebell), pesi liberi, bilancieri ecc.
at) Elastici in genere
f) “Tools” di varia natura
La scelta degli esercizi dipende dalla disciplina sportiva praticata: si dovranno utilizzare le esercitazioni e gli obiettivi (core stability o core strength) che possano garantire l’adattamento migliore per quella particolare prestazione.
È fondamentale variare lo stimolo e creare un’opportuna progressione dei carichi di lavoro.
In generale si cambia una variabile per volta, modificando con gradualità i seguenti parametri:
1) Piani di movimento: una giusta progressione deve portare a eseguire esercizi sui tre piani dello spazio
2) Ampiezza: negli esercizi dinamici l’esecuzione di un movimento deve essere la più ampia controllabile
3) Carico: aumentare in modo progressivo il carico aggiungendo e cambiando i mezzi dell’allenamento sopra descritti o variando la posizione del corpo, mantenendo comunque il controllo del movimento
4) Velocità di esecuzione: la velocità di movimento deve essere la massima controllabile dal soggetto
5) Complessità esecutiva progressiva
6) Durata, frequenza e densità: numero di serie e ripetizioni, frequenza dell’allenamento e tempi di recupero
L’allenamento del Core dovrebbe essere inserito giornalmente all’interno delle sessioni, di lavoro, generalmente prima dell’allenamento degli arti.
Un’accurata regolazione dell’intensità di allenamento è fondamentale per poter dare senso ad una programmazione che va “intrecciata” con il carico di lavoro complessivo (Gambetta 2011).
IL CORE E L’ARCIERE: OVVERO IL “CENTRO” DELL’ARGOMENTO
Da quanto visto fino ad ora appare abbastanza chiaro il ruolo svolto da questo nucleo chiamato “Core”, della sua utilità, del suo impiego e quindi del suo allenamento (possibilmente in modo consapevole, ma di questo parleremo in seguito) come altrettanto chiara risulta la sua incidenza nello svolgere un movimento equilibrato che potrebbe portare ad un miglioramento della performance.
A questo punto potrebbe sorgere la domanda: ad un arciere che sostanzialmente non compie movimenti in velocità, accelerazioni, cambi di direzione, sollevamenti, lanci ecc. a cosa può servire allenare il Core?
Come accennato in precedenza, il Core, il suo buon funzionamento, la sua tonicità e conseguentemente il suo allenamento servono anche nelle fasi statiche e non solo in quelle dinamiche (ammesso che esistano fasi puramente statiche) e servono per il controllo del movimento delle parti distali, quando ci sono più baricentri distrettuali che si muovono e devono essere gestiti in modo equilibrato a causa delle perturbazioni che si creano tra di loro, mantenendo il baricentro della massa principale fermo o centrato.
Partiamo dalla posizione eretta del corpo.
Noi siamo continuamente sottoposti ad una forza costante che ci accompagna da e per tutta la vita, ovvero la forza di gravità: il corpo umano si contrappone ad essa grazie alla sua struttura anatomicamente perfetta.
Ora proviamo a ripercorrere il processo motorio che compie l’arciere da quando incocca la freccia a quando la scocca/rilascia, iniziando e terminando questo processo mantenendo una corretta postura in stazione eretta antigravitaria.
Lo starter a tutto il processo di tiro (momento) è dato dalla presa della corda e dal posizionamento della mano nel riser (impugnatura); sollevando l’arco al quale sono generalmente aggiunti gli stabilizzatori si inizia la vera trazione della corda con la conseguente opposizione controlaterale della mano che impugna il riser.
Valutato l’atleta fino a questo momento della sequenza di tiro con una pedana stailometrica (balance board), che accerta il mantenimento dell’equilibrio o meglio la sua centratura (quella dell’atleta: il suo reale baricentro), si vede come già solo questa prima fase generi un movimento di sbilanciamento in avanti sul piano frontale che deve inevitabilmente essere controbilanciato da un movimento opposto sullo stesso piano.
Il punto è: come eseguo questo contromovimento?… con il tronco, con il bacino … o con il Core?
C’è una notevole differenza.
– Con il tronco: oppongo certamente una resistenza valida (nella direzione opposta) ma sbilancio tutta la struttura, perdo la centratura del punto di equilibrio precedente perturbando così il movimento (traslatorio) sul piano frontale.
– Con il bacino: come sopra con la differenza che se mantengo un buon allineamento sul piano trasversale e frontale non scompensando troppo il movimento.
– Con il Core: lalo, mantengo in perfetto equilibrio il punto del baricentro su entrambi i piani (in realtà su tutti i piani), applicando alla struttura (corpo) un momento “balance” che si contrappone con una risposta opposta interna, ad uno squilibrio indotto dall’esterno. Questa è la risposta “balance interna” di medesima intensità, velocità e forza che avviene per reazione al momento inerziale creatosi esternamente nella prima fase del caricamento del gesto tecnico.
A questo punto consideriamo nella sequenza di tiro; la posizione dei piedi, la posizione delle gambe, la posizione del bacino, la posizione delle spalle e la posizione asimmetrica degli arti superiori (braccio/mano arco esteso e braccio/mano corda flessa al gomito) e la posizione della testa, il tutto mantenendo una postura stazionaria, assiale su due appoggi e contro gravità.
Infine terminiamo tutta la sequenza di tiro, tenendo presente che nel momento precedente il rilascio può essere creata una “distrazione” motoria (ang “rumore”) che per quanto piccola può influire negativamente sul risultato finale dell’intera sequenza.
Deduzione semplice e logica è il potere/volere svolgere il gesto tecnico mantenendo un giusto allineamento e gestendo al meglio i baricentri distrettuali dei movimenti degli arti superiori, rimanendo in perfetto equilibrio sul proprio baricentro corporeo grazie alla giusta e consapevole attivazione dei muscoli del Core, della Core stability e del Core strength per una migliore gestione interna dell’equilibrio.
Tutto questo viene compiuto senza tener conto del meccanismo complesso e variabile, individualmente e nei vari sport, della respirazione; che verrà considerato in un futuro articolo.
DISCUSSIONE
Lavorando con i ragazzi giovani, soprattutto all’inizio di un percorso di preparazione fisica e tecnica, si può notare che le sollecitazioni prodotte dalla sequenza motoria, non venendo supportate dal Core, generano movimenti di aggiustamento continui; la forza impiegata per la fase di caricamento e mantenimento risulta distribuita in modo asimmetrico e conseguentemente la sua applicazione fra i distretti muscolari attivati non è equilibrata.
Questo si evidenzia principalmente nella postura adottata dall’atleta per svolgere il compito motorio richiesto, nell’insufficiente tempo dedicato alla fase di mantenimento (per mancanza di forza e stabilità) e nella fase di rilascio che altro non è che un cedere prematuramente e in stato di affaticamento palese alla forza generata dall’arco. Questi aspetti richiedono ovviamente degli accorgimenti di natura tecnica (materiali, adattamento dell’attrezzatura ecc.) e delle valutazioni di natura fisica, che vengono normalmente gestite dal tecnico e dal preparatore atletico durante le sedute di allenamento su ogni singolo atleta.
Invece, per valutare la funzionalità dei muscoli del Core, periodicamente l’atleta effettua test sia statici con i convenzionali Plank, sia dinamici con movimenti di flesso-estensione, rotazione e torsione (in aggiunta agli Squat Test).
La risposta dei vari test, comparata con riprese video della sequenza di tiro degli atleti, evidenzia il rapporto lineare che esiste fra la capacità del Core e la stabilità nella sequenza tecnica, con una migliore applicazione della forza e una migliore risposta posturale.
Nella mia esperienza, ritengo che dopo un periodo di allenamento della Core Stability della durata di 8 settimane si possono osservare dei miglioramenti evidenti, e dopo 12 settimane di lavoro, affiancando all’allenamento della Core Stability anche esercizi di propriocettività sport specifica, l’arciere mantiene una postura idonea al gesto atletico/tecnico dall’inizio alla fine della sequenza di tiro: all’ora solo in questo momento potrà essere valutato un aumento del libraggio dell’attrezzo.
Tutto il processo di allenamento viene monitorizzato settimanalmente con i test per la Core Stability e con l’utilizzo di una pedana creata appositamente (balance board) per evidenziare e valutare il mantenimento del baricentro durante la sequenza motoria di tiro.
Ogni due settimane viene proposta poi una seduta di allenamento non sport specifica con lo scopo di valutare tramite esercizi/test la capacità di equilibrio e coordinazione generali sia in situazione statica che dinamica.
In fase di crescita sportiva infatti (ma non solo) porre attenzione alla muscolatura del Core è parte integrante dello sviluppo atletico. Tale muscolatura può essere allenata sia in forma generale che in forma sport specifica, in ogni unità d’allenamento.
Si inizia comunque sempre dal centro.
CENNI DI ALLENAMENTO (DEL CORE)
L’allenamento del core va inserito all’interno della preparazione fisica come parte integrante della stessa programmazione: in funzione del periodo preparatorio in cui ci si trova, si inseriranno esercitazioni per il Core a carattere generale o speciale.
La teoria vuole che si parta prima con esercizi di stabilità, rivolti ai muscoli locali stabilizzatori principalmente costituiti da fibre a contrazione lenta, quindi resistenti e allenabili alla resistenza, per poi passare ai muscoli globali della mobilizzazione, che si differenziano dagli altri per una presenza maggiore di fibre a contrazione veloce, quindi muscoli forti e potenti e allenabili con azioni dinamiche.
In progressione, nell’allenamento potranno essere inserite negli esercizi varianti sempre più complesse al fine di creare stimoli e adattamenti sempre maggiori alla struttura del core.
Una metodologia, interessante e utile in tutte le fasi della preparazione, per l’allenamento del Core può essere il * “functional training” o allenamento funzionale.
Il functional training permette nella medesima unità di allenamento di effettuare lavoro muscolare di stabilizzazione e mobilizzazione, in contrazione concentrica, eccentrica o isometrica.
L’allenamento funzionale incrementa l’impegno propriocettivo e la richiesta di attivazione muscolare del Core e dei muscoli deputati all’equilibrio.
* Questo allenamento si dice funzionale perché sostanzialmente imita e riproduce i movimenti della vita quotidiana, movimenti realizzati grazie alla contrazione sinergica di molteplici gruppi muscolari; movimenti che creano adattamenti muscolari che consentono il miglioramento della performance; in più è un movimento/allenamento che si adatta alle richieste metaboliche/energetiche prestazionali dello sport praticato.
Il functional training allena e permette la massima espressione del controllo del corpo nello spazio con ricorso ad elevate capacità stabilizzanti e adattative nelle sollecitazioni imposte dall’esercizio fisico.
Essere funzionali significa essere coordinati, forti, flessibili e agili, capaci quindi di acquisire schemi motori sempre più efficaci e reattivi.
É una delle possibili metodologie utilizzabili nelle sedute di allenamento, crea dinamicità e riduce l’eventuale monotonia degli esercizi ripetuti. Ogni esercizio scelto dovrebbe essere “funzionale”, altrimenti non è un esercizio allenante e quindi non è allenamento.
CONCLUSIONI
In conclusione, probabilmente (anzi sicuramente) non sto inventando niente di nuovo: tutto quello scritto è frutto della ricerca e dell’esperienza di ricercatori, tekniko, coach, at iba pa. ma queste esercitazioni sono state semplicemente inserite nell’allenamento fisico dell’arciere con risultati interessanti ed evidenti. Questi esercizi infatti, hanno migliorato significativamente la postura di tiro, la fluidità del movimento e la tenuta durante le gare e gli allenamenti permettendo anche al tecnico di aumentare il volume di lavoro senza portare in “stress” tecnico e fisico/strutturale gli atleti.
Nell’allenamento con atleti giovani in fase di crescita e maturazione, queste esercitazioni influenzano positivamente la crescita e lo sviluppo armonico della sua struttura.
Resta ancora da discutere molto su dei temi che ritengo essere essenziali della funzionalità specifica del Core e del suo allenamento:
1- come usare e gestire più appropriatamente la muscolatura del Core nei diversi sport;
2- nell’usare il Core consapevolmente ed in una forma attiva per compiere un movimento sportivo.
Ma questa è veramente un’altra storia …
BIBLIOGRAFIA
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14. Dominguez R.H. & Gajda R.: Total Body Training Paperback – 1983
Autore:
Davide Tessaro
Preparatore Atletico F.I.F.
Allenatore / Personal Trainer F.I.P.E.
Mail: d.tessaro@hotmail.it
Statuto FITARCO
Art 1.1.1 La Fitarco ha lo scopo di promuovere, organizzare e regolare il tiro con l’ Arco……
Purtroppo sembra che in questo momento la Fitarrco abbia dimenticato quel “promuovere”, sopratutto verso i giovani.